Una Coppa vale dignità e rispetto.

Ho messo un post su Facebook, dopo aver visto i festeggiamenti di ieri sera a Napoli per la vittoria della Coppa Italia. Ho scritto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato un grido di dolore: tifosi sciagurati! Mi sono rivolto ai miei conterranei:

“Me facite fa sempe figure ‘e m …”
Feste SI: più fantasia, meno pericoli!

Ed è vero. Io da Napoletano emigrato tanti anni fa, ho vergogna quando in tutto il mondo si devono vedere immagini che danneggiano tutto il popolo partenopeo, tifosi e non tifosi, perché sono convinto che, in tempo di fase post-lockdown per un virus che sta facendo morti in tutto il mondo, che sembrava quasi sparito in Paesi come Cina e Germania ma con focolai di ritorno attuali, che ancora ci sta facendo piangere le persone che abbiamo perso, giovani pieni di speranze, vecchi ricchi di storia, personale sanitario dal cuore enorme, sono convinto, dicevo, che si può e si deve festeggiare per aver vinto a un gioco una Coppa tanto desiderata e piena di gioia, voglia di riprendere a vivere, di riscatto e di resurrezione, ma si può festeggiare in tanti modi, diversi da assembramenti al di fuori delle regole dettate da mesi per la sicurezza e la salute di tutti i Cittadini, anche quelli che il calcio lo seguono non direttamente o con meno interesse.

La festa si può e si deve fare quando si raggiunge un sogno, ma, non credo che tutti i napoletani, a partire da miei parenti e amici, siano scesi in strada  e se lo hanno fatto senza precauzioni, senza rispetto degli altri, senza paure perché, come ha scritto qualcuno “A Napoli non ci sono contagi da giorni …”, vuol dire che la  lontananza mi ha fatto dimenticare come fossimo stati educati al senso civico e sociale.

La festa si può e si deve fare: ai Napoletani non manca la fantasia. Mi piacerebbe in una prossima occasione (la vittoria in Champions?) che la nostra amata Città diventasse un grande palcoscenico, con tifosi e non tifosi ai balconi e terrazze a cantare in un unico coro dal porto al Vomero, da san Giovanni a Posillipo passando per Sanità e Quartieri Spagnoli,  ‘O surdato ‘nammurato, l’inno d’o Napule, ‘O sole mio, l’Inno d’Italia …  Li vedrei suonare caccavelle e tamburielli, triccheballacche e mandolini, trombe, tromboni, putipù e  scetavaiasse … Li vedrei in grandi balli “in mascherina” di tarantelle e tammurriate da sera all’alba … mentre si afferrano babà e sfogliatelle indossando guanti d’ordinanza, sotto panni e lenzuola, rigorosamente azzurre, stese da un palazzo all’altro. Una festa da Re, da Corona … virus. Una festa che farebbe emozionare non solo i Napoletani lontani dalla loro Città, ma tutti i Cittadini del Mondo. Luoghi comuni? Forse si, ma quando è festa ci sta tutto: è dopo che si devono dimostrare i veri valori di una Città.

La festa si può e si deve fare: i problemi si possono mettere da parte per una sera, e dopo il periodo tremendo appena vissuto e con un virus ancora infido e vivo, problemi ce ne saranno tanti ancora in tutta Italia, da Nord a Sud, come raccontavamo, satiricamente. oltre 40 anni fa nel nostro spettacolo “Italia che vai … Napoli trovi” …

La festa si può e si deve fare: fantasia e moderatezza, sentimento e sensibilità insieme a cose della storia, intrinseche nel cuore partenopeo, quello stesso cuore che ha fatto vincere la Coppa Italia, la Coppa di un Paese a volte diviso, a volte unito, ma che è sempre il più bello ed è questa la sua ricchezza. Un cuore che non può e non deve essere offeso da comportamenti fuori controllo di una parte di Napoletani. E scusate lo sfogo. Più e Meno.

Dall’archivio de “Più e Meno” – cabaret e teatro-cronaca